Newsletter della Fondazione Carlo Donat-Cattin

Newsletter n. 4 - 16 marzo 2021
Newsletter Fondazione Donat-Cattin n. 4 - 16 marzo 2021
 
Convegno di Saint-Vincent, 1986 - Archivio Storico Fondazione Donat-Cattin
Carlo Donat-Cattin a trent’anni dalla morte

Trent’anni fa, il 17 marzo 1991, moriva Carlo Donat-Cattin. Per molti di noi è ancora un ricordo personale che suggerisce pensiero e cultura politica. Per tutta la Fondazione a lui intitolata è stimolo alla ricerca ed alla discussione sui problemi e sulle prospettive della nostra società.
Proprio in questa chiave onoriamo la sua memoria con una iniziativa speciale, a cui pensiamo da tempo: avviamo una riflessione sulla crisi demografica, uno dei problemi più gravi della transizione culturale, economica e sociale che l’Italia sta vivendo, di cui Donat-Cattin aveva anticipato profeticamente la gravità.
Come sempre ricorderemo poi Carlo Donat-Cattin nella messa che sarà celebrata alla Basilica della Consolata sabato 20 marzo alle ore 18:00.


 
La maggioranza dei ventenni vede un futuro senza figli
Un sondaggio della Fondazione Donat-Cattin
La Stampa, 16 marzo 2021
Il Corriere della Sera, 16 marzo 2021
Avvenire, 16 marzo 2021
 
L’intuizione trentacinque anni fa
 
L’inverno demografico e il rischio di vivere in un paese di vecchi venne anticipato 35 anni fa dal ministro della Sanità Carlo Donat-Cattin. Lo fece nel settembre del 1986 dal tradizionale convegno di Saint Vincent: “Quello che l’Italia ha dato alla storia del mondo non può farci trovare cancellati, di modo che di qui a duecento anni la gente, i ragazzi che vanno a scuola ascolterebbero: ecco c’erano i Sumeri nella pianura del Tigri e dell’Eufrate e c’erano gli italiani tra gli Appennini e le Alpi”.
E Donat-Cattin così proseguiva “lo dico con tutta l’anima anche ai tanti che sono qui: è meglio avere figli, anche se ti fanno sanguinare il cuore. Perché questa è la vita, questo il contributo nel sacrificio, nell’amore, nella pena e nella gioia di vivere, che offre la continuità che dobbiamo dare al mondo, ai doni che da Dio abbiamo ricevuto”.
Donat-Cattin vedeva l’Italia come un paese “in scadenza”, destinato a far contare 30 milioni di abitanti nel 2050. Dati che gli aveva fornito il demografo Antonio Golini, confermati anche dalle proiezioni di alcune compagnie di assicurazione. Dati contestati da alcuni giornali che accusarono il ministro della Sanità di nostalgia verso politiche demografiche del ventennio fascista. Le “culle vuote” di questi anni hanno confermato le previsioni di Carlo Donat-Cattin.

 
Il sondaggio della Fondazione
 
La maggioranza dei giovani italiani tra i 18 ed i 20 anni immagina il proprio futuro senza figli. E’ questo uno dei risultati sorprendenti che scaturisce da un sondaggio commissionato dalla Fondazione Donat-Cattin all’Istituto demoscopico Noto Sondaggi in occasione del trentennale della morte dell’ex Ministro. Il 51% dei ragazzi interpellati non si immagina genitore. Tra questi il 31% stima che a 40 anni avrà un rapporto di coppia ma senza figli e un ulteriore 20% pensa che sarà single. Nel valutare i motivi per cui i giovani non vogliono avere figli gli intervistati adducono soprattutto ragioni che riguardano la sfera sociale più che una avversione netta a diventare genitori: la carenza di lavoro in primis (87%), cui segue l’assenza di politiche adeguate per la famiglia (69%); una percentuale analoga però parla anche di crisi delle relazioni stabili mentre solo un ulteriore 37% ritiene i figli un ostacolo in quanto condizionano la vita. In relazione alla volontà di non avere figli i giovani possono essere divisi in 3 categorie: 1) c’è chi ha un atteggiamento che potremmo definire «narcisista» per cui un figlio, e più in generale legami stabili, limitano la propria libertà; 2) accanto a questa viene espressa però anche una motivazione più «realista» che riguarda la paura di non potersi permettere economicamente questa possibilità; 3) non aver figli invece per mancanza di fiducia nella società è indice infine di un atteggiamento «nichilista» che evidenzia il pessimismo di questo target nel guardare al futuro. 
Un altro risultato del sondaggio riguarda la sfera dei rapporti sociali e quindi la percezione di sentirsi incluso/escluso da parte dei 18-20nni. il 51% vive una forte insoddisfazione in quanto non si sente “pienamente incluso”, a questi si aggiunge un ulteriore 4% che invece lamenta una “esclusione totale”. La minoranza, seppure sostanziosa, il 44% si autodefinisce “incluso. A percepire le maggiori difficoltà di inserimento sociale sono le donne rispetto agli uomini. 
E’ anche interessante notare che la condizione di studente lavoratore appartiene solo ad un giovane su 5 (18%). La maggioranza non ha mai lavorato mentre il restante 31% ha avuto qualche esperienza di lavoro ma attualmente ha scelto di dedicarsi unicamente allo studio. 
In conclusione, rispetto al futuro si notano differenze nella percezione dei giovani se si considera la dimensione personale o quella collettiva nazionale. Rispetto al proprio futuro personale la maggioranza si sente ottimista; pensando invece al futuro dell’Italia la quota degli ottimisti diventa minoranza (43%). Le disaggregazioni evidenziano che sul piano personale gli uomini sono un po’ più positivi delle donne (68% di ottimisti rispetto al 60%). Nel considerare invece il futuro dell’Italia  sono le donne ad avere un po’ più fiducia. 
Il testo integrale del rapporto di ricerca sul sito della Fondazione al seguente link:
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