Carniti dal sogno dell’unità alla guida della CISL

di Giorgio Aimetti – 7 giugno 2018


Pierre Carniti è stato uno dei personaggi chiave di quegli anni nei quali il sindacato ricercò la strada dell’unità. Il suo ruolo fu storicamente importante e la sua scomparsa colpisce in modo severo la Cisl della quale fu segretario nazionale per sei anni dal 1979 al 1985.

Il desiderio di superare le divisioni del 1948, che condivise con altri – Luigi Macario tra i primi – fu all’origine di una profonda, ma incompiuta riforma del sindacalismo italiano, quella che intendeva liberarlo dalla sudditanza politica nei confronti dei tradizionali partiti ai quali erano legate le differenti confederazioni.

Nei mesi dell’autunno caldo, essa fu perseguita dai leader dei metalmeccanici Cisl con una tensione che avrebbe portato molti esponenti sindacali a rompere con la Dc, mentre altrettanto non avveniva per i sindacalisti di origine socialista o comunista. Di conseguenza la riunificazione sindacale, sarebbe apparsa a molti un obiettivo da perseguire secondo un’opzione marxista, e un’abiura di valori e comportamenti che erano stati propri del tradizionale sindacalismo Cisl (di Pastore o di Donat-Cattin che fosse).
Carniti fu un sindacalista di grande valore, che tra l’altro seppe opporsi persino in quegli anni alle tendenze ribelliste che attraversavano la società e anche il mondo del lavoro; ma fu anche il primo segretario nazionale della Cisl non democristiano. E ciò rappresentò per molti motivo di forte preoccupazione.

È stata pubblicata nell’epistolario di Donat-Cattin la lettera che il leader di Forze Nuove scrisse al segretario Dc Zaccagnini con la quale lamentava l’avvento di Carniti alla segretaria nazionale Cisl. Secondo Donat-Cattin esso avrebbe aiutato quella che gli sembrava una vera e propria operazione di snaturamento del sindacato con la sostituzione di quadri vicini alla Dc con altri che facevano riferimento a differenti orientamenti politici.

Era un giudizio che sembrava senza appello, e comprovato da molti fatti, ma che va temperato con la constatazione che negli anni successivi, lo stesso Donat-Cattin avrebbe agito più volte in sintonia con il segretario della Cisl. Accadde soprattutto in due occasioni: la prima durante la vertenza Fiat, culminata con la marcia dei quarantamila, allorché nel momento difficile della sconfitta sindacale egli si schierò al fianco di Carniti che era stato oggetto di indescrivibili accuse e minacce. Poi a metà degli anni ottanta, quando Cisl, Uil e socialisti della Cgil si impegnarono per limitare il peso della scala mobile, ormai diventata un moltiplicatore di inflazione. In quell’occasione Donat-Cattin fu l’unico leader, nella Dc, a difendere fino in fondo il segretario nazionale della Cisl dagli attacchi che gli venivano dall’estrema sinistra operaista, ma anche da quei settori moderati della Dc che temevano ingiustamente l’esito del referendum e intendevano agire per evitarlo.

Dopo quell’anno chiave per la storia del mondo del lavoro, culminato con l’omicidio Tarantelli, Carniti lasciò la segreteria nazionale a Marini per impegnarsi in politica, coerentemente, su un fronte lontano da quello dei democristiani. Fu eurodeputato socialista e nella seconda repubblica si impegnò con il movimento dei cristiani sociali all’interno dei democratici di sinistra.

La sua scomparsa, a pochi giorni da quella dell’ex ministro Toros, assume un significato emblematico per la Cisl. Sembra la fine di una storia. Ma, in momenti difficili per tutti, aiuta invece a testimoniare una vicenda ancora viva.

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