Kennedy e i rapporti con i Papi Giovanni XXIII e Paolo VI

Pier Giuseppe Accornero
La Voce e Il Tempo
23 novembre 2023

 

 

Sessant’anni dall’assassinio del Presidente Kennedy

Pier Giuseppe Accornero (La Voce e Il Tempo, 23 novembre 2023)

Kennedy annuncia il Programma spaziale Apollo il 25 maggio 1961 (NASA – wikipedia)

«Scrivo questa nota dall’Holiday Inn di La Crosse, cittadina del Wisconsin. Sono le 13, il ristorante è affollato; un gruppetto di vecchie signore chiacchierano e ridono; ci sono camionisti e commessi viaggiatori. La cameriera dai capelli rossi torna correndo dalla cucina e strilla: “Hanno ferito Kennedy”. Nell’ingresso il televisore è acceso sul numero uno dei commentatori CBS: il telecronista parla pacatamente; si toglie gli occhiali e dice: “President Kennedy is dead”. Racconta che il presidente viaggiava su una “limousine”. Mostra una foto: John Kennedy sorride accanto a Jacqueline che sembra contenta, agita una mano per salutare la folla».
Sessant’anni fa Enzo Biagi, grande giornalista, racconta ai lettori de «La Stampa» del 23 novembre 1963 l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy che spira, dopo 35 minuti, al Park Lane Hospital. Il 1963 è carico di eventi: muore Giovanni XXIII; sui paesi friulani si abbatte il disastro del Vajont; esce il primo album dei Beatles; l’URSS manda nello spazio la prima donna, Valentina Tereshkova, operaia di 26 anni.

Gli ha sparato un militare di estrema destra

Il presidente è abbattuto da tre colpi di fucile, sparati da Lee Harvey Oswald, militare statunitense ucciso il 24 novembre da Jack Ruby nella centrale di polizia di Dallas in Texas. Spiega Biagi: «I colpi venivano da una finestra al terzo o quarto piano. Hanno arrestato un giovane di 24 anni che aveva in tasca una pistola. Le telecamere riprendono una seduta sospesa dell’Onu e i delegati vanno a stringere la mano a Stevenson (l’ambasciatore Usa al «Palazzo di vetro», n. d. r.). Fuori piove forte, sul Mississippi stagnano banchi di nebbia. Un altro giornalista continua il notiziario: a New York molti piangono. Pare che l’attentatore sia di estrema destra. Le ultime foto ritraggono Kennedy: stringe le mani, è allegro, ha il ciuffo scomposto, applaude Jacqueline».

Corteo presidenziale di John F. Kennedy nel giorno dell’attentato, Dallas, 22 novembre 1963 (Library of Congress – wikipedia)

La cameriera dai capelli rossi – prosegue Biagi – mostra il servizio fotografico di una rivista, che ritrae Kennedy con John junior che gioca, si nasconde, sale sul tavolo ovale dove il padre riunisce i collaboratori, in vestaglia da camera dà la buonanotte al padre». Il racconto della tv continua: «Il fucile è un Mauser. Un cronista intervista i passanti su una strada: “Non è possibile, non ci credo”. Trasmettono un filmato: sulla “limousine” è rimasto il mazzo di fiori che avevano offerto a Jacqueline all’aeroporto. I poliziotti in borghese, grossi e con i cappelli di feltro da cow-boy, corrono con i fucili sotto il braccio. Il corpo del presidente sarà portato a Washington. Le botteghe di La Crosse si chiudono; nelle vetrine i cartelli propagandano i tacchini del “giorno del ringraziamento”. La signora Kennedy, quando le hanno detto che John era morto, ha mormorato “Oh no!”. Come la gente che continua a dire: “È impossibile, non ci credo”». Nella biografia di Enzo Biagi si legge che «l’articolo fu stroncato dal direttore de «La Stampa» Giulio De Benedetti «con il conseguente allontanamento dell’inviato speciale per oltre un anno”».

La Mafia e i poteri forti volevano uccidere Kennedy

Kennedy, eletto alla Casa Bianca nel 1960, attuava provvedimenti innovativi e si era fatto molti nemici. Il primo motivo di scontento era la sua volontà di porre fine alla «Guerra fredda» aprendo un dialogo con i comunisti, Nikita Chruščëv e Fidel Castro. «I principali fautori dell’anticomunismo e della Guerra Fredda – sostiene Wikipedia – erano i fratelli Dulles, John Foster Dulles segretario di Stato e Allen Welsh Dulles direttore della CIA. John Foster voleva più armi nucleari contro i nemici ed enunciò la dottrina della “rappresaglia massiccia”, minacciando una severa risposta degli Stati Uniti a ogni aggressione dell’URSS: «I piani statunitensi a fine anni Cinquanta di una guerra nucleare includevano la distruzione dei 1.200 maggiori centri del blocco orientale: Mosca, Berlino Est, Pechino. Kennedy invece voleva una risposta flessibile, non nucleare e voleva accordarsi con l’Unione Sovietica per ridurre gli arsenali atomici. La CIA finanziò molti progetti per contrastare l’attrattiva del comunismo tra gli intellettuali e intraprese la campagna nazionale “Crusade for Freedom, crociata per la libertà”».
Secondo gli storici, un altro motivo di scontento riguardava il fallimento dell’invasione della «Baia dei porci». Coinvolti nell’operazione c’erano Allen Dulles, direttore della CIA, che aveva progettato l’invasione; gli anticastristi che si erano arruolati nella forza di invasione; i mafiosi assoldati per sparare a Fidel Castro. A Kennedy era addebitato il fallimento per non aver concesso gli aerei e la truppa americani a sostegno dell’invasione».
Un terzo motivo era la mafia statunitense combattuta da Robert Kennedy, ministro della Giustizia e fratello del presidente – sarà assassinato il 6 giugno 1968 -. Sam Giancana fu ritenuto mandante dell’assassinio dei due Kennedy. Lui e Santo Trafficante junior e Carlos Marcello sono gli ideatori dell’assassinio del presidente. Kennedy voleva il ritiro degli americani dal Vietnam: vi si opponevano il Pentagono, i generali, gli industriali e i senatori con le mani in pasta nel complesso militare-industriale.
Il capo del Federal Bureau of Investigation (FBI) John Edgar Hoover – che aveva raccolto una cartella sulle relazioni femminili di Kennedy che minacciava di rimuoverlo anche per il suo ambiguo comportamento sessuale – fu criticato per la negligenza nel proteggere Kennedy e nello svolgimento delle indagini.
I petrolieri texani – specie Haroldson Lafayette Hunt e il figlio Nelson Bunker Hunt – erano preoccupati per il progetto di aumentare le tasse sugli introiti dell’estrazione petrolifera. I dirigenti della Federal Reserve Bank erano molto contrariati perché Kennedy avocò al governo il potere di coniare il dollaro d’argento. Il feroce razzista Ku Klux Klan contestava la linea di Kennedy contro la segregazione razziale. Il vicepresidente Lyndon B. Johnson perseguiva una politica meno progressista. Come primo atto politico firmò un aumento dei militari impegnati nella disastrosa guerra nel Vietnam.
Furono presi in esame: la possibile vendetta di Fidel Castro contro i tentativi della CIA di eliminarlo; il golpe nel quale fu assassinato Ngô Dình Diem, presidente della Repubblica del Vietnam del Sud; il desiderio di vendetta del KGB sovietico per lo smacco subìto nella crisi dei missili di Cuba nell’ottobre 1962.

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