Cinquant’anni fa la morte di uno dei giganti della cultura cattolica del ’900

Maritain, la metafisica della vita

Luca Rolandi
(La Voce, 5 novembre 2023)

Poco più di cinquant’anni fa, il 28 aprile 1973, moriva il filosofo Jacques Maritain. Esponente di rilievo della filosofia francese contemporanea e del neotomismo, il suo percorso esistenziale e intellettuale è estremamente ricco sotto molteplici aspetti, come testimoniano la sua vastità di interessi, attività e incarichi sui versanti più diversi (accademico, politico, ecclesiale) e, soprattutto, la sua sterminata opera. Critico sia sul comunismo che verso Mussolini, Franco e il nazismo, Maritain è stato un protagonista di spicco tra gli intellettuali del Novecento. Resta una bussola e un punto di riferimento della cultura cattolica, richiamato ma mai fino in fondo compreso. Un filosofo, talvolta spigoloso, che ha pensato, scritto e operato per allargare la coscienza democratica in Europa. Oggi che le demo­crazie sono in crisi e arran­cano nel produrre buon governo perfino nell’Unio­ne europea, si rivela utile e attuale la fede di Maritain nella democrazia umanisti­ca e la via per affermarla e consolidarla.

Nato il 18 novembre 1882 a Parigi, «viandante pe­renne» tra Francia, Italia e Stati Uniti, ha coniugato insieme modernità, demo­crazia e laicità. Con i suoi scritti di filosofia e teologia politica, tradotti in tutto il mondo, ha anticipato nel crogiuolo incandescente del Nove­cento le sfide della globa­lizzazione, con la proposta di una democrazia non pu­ramente formale, radicata invece nella libertà, sensibi­le alla giustizia. Laureatosi dapprima in filosofia e poi in scienze naturali, duran­te il periodo universitario conosce Raissa Oumançoff (1883-1960), ebrea di origini russe, con la quale condi­viderà la sua vicenda di vita. Nonostante il loro grande amore, sancito dal matri­monio nel 1904, rimane in entrambi un’inquietudine che nulla sembra placare, fino ad accarezzare l’idea del suicidio. L’impostazione accademica della Sorbona lascia del tutto insoddisfat­ti i due giovani studenti, a motivo del materialismo scientista e dell’assenza di una prospettiva capace di giustificare la speranza. Questa visione della vita aggrava il loro profondo, disperato pessimismo. Al­cuni incontri fondamentali, con Charles Péguy, Henri Bergson e soprattutto Léon Bloy, portano a una svolta decisiva, segnando profon­damente il loro percorso spirituale, fino alla decisio­ne di convertirsi.

Per capire genesi e risvolti delle sue visioni e propo­ste, confluite in una vasta produzione, è importantis­sima la sua corrisponden­za (finora archiviate quasi 30 mila lettere) con oltre cento corrispondenti tra i maggiori filosofi, teologi, scrittori, artisti del secolo scorso. Cattolico a tutto tondo, di lui non si può parlare compiutamente senza considerarlo nella cornice di una donna: sua moglie Raissa Maritain. Lui protestante e sociali­sta, lei ebrea, si decisero — ventenni — per il battesi­mo, cui seguì una coerente visione cattolica libera da tinte clericali. Tanto forte il loro legame che dopo la morte di lei, nel 1960, per i restanti anni di vita Maritain si ritirò in una comunità di Piccoli fratelli di Gesù fondati da Charles de Foucauld. Alcune sue corrispondenze sono du­rate decenni, come quella iniziata nel 1926 con Gio­vanni Battista Montini e continuata anche dopo l’e­lezione a papa di Paolo VI.

Maritain ha sempre ri­vendicato la sua natura di «laico inveterato», «franco-tiratore», «Don Chisciotte di san Tommaso», come lui stesso si definì in una lette­ra del 1970 ai Piccoli fratelli di De Foucauld. Nella sua elaborazione filosofica mai si piegò a una concezio­ne servile del cristiano nei confronti della gerarchia e, in genere, di ogni potere. «Io — afferma in una lettera del 1940 al celebre teologo Charles Journet, poi cardi­nale e protagonista al Con­cilio — sono del paese di Pa­scal e di Léon Bloy. Occorre essere arditi contro gli abusi che distruggono la Chiesa. Occorre resistere agli uo­mini che non sono la Chie­sa e vorrebbero usarla per le loro passioni». Con la sua teoria sulla nuova cristiani­tà, Maritain promosse una ricerca attiva tra il laicato cattolico per un rinnovato impegno sociale e politico (famoso il libro «Umane­simo integrale»), libero da residui di clericalismo e in­tegralismo, animato dal re­alismo di Tommaso d’Aqui­no riscoperto come «punto di riferimento necessario del tempo presente».

Maritain contribuì all’esito del Concilio vaticano II. Alla sua conclusione Paolo VI gli consegnò il Messaggio agli uomini di scienza e di cultura. All’indomani della sua morte, papa Montini af­fermò che «la voce di Ma­ritain e la sua figura re­steranno nella tradizione del pensiero filosofico e della meditazione cattoli­ca». Un aspetto centrale del suo pensiero riguarda come superare il conflitto sempre più evidente tra cristianesimo e secolariz­zazione. Una delle imma­gini-chiave del Vaticano II è proprio quella in cui Paolo VI consegna al suo grande amico il messaggio rivolto agli intellettuali, di cui vale la pena di ripor­tare il passaggio centrale: «Anche per voi abbiamo dunque un messaggio, ed è questo: continuate a cercare, senza stancarvi, senza mai disperare della verità! Ricordate le paro­le di uno dei vostri gran­di amici, sant’Agostino: ‘Cerchiamo con il deside­rio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare ancora’».

Sono diciassette i volumi che raccolgono le opere di Maritain. Non meno volu­minosa, come detto, la sua corrispondenza con figure eccellenti del Novecento. Lettere con scambio di pensieri e ricerche. Quelle — a titolo di esempio — con Cari Schmitt, Peterson, Waldemar Gurian, Gabriel Marcel, Mauriac, Clodel, Bernanos, Peguy e Bloy, La Pira e don Giovanni Stecco, con cui Maritain fu in corrispondenza negli ultimi quindici anni di vita. Su di lui è stato appena pubblicato da Studium un poderoso e fondamentale saggio per l’anniversario dal prof. Vittorio Possenti, che scrive: «Ogni metafi­sica, comprese quelle che rigettano tale termine in quanto post o anti metafi­siche, volenti o nolenti ha a che fare con la questio­ne dell’ente e dell’essere e con il nostro ‘incontro’ con esso. Jacques Maritain è un grande maestro in tale cammino, particolarmente impervio nell’ultimo seco­lo, quando sulla bocca di tanti risuonava la formula della crisi (o della morte) della metafisica occidenta­le, un mantra ripetuto in maniera indifferenziata».

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