Carlo Donat-Cattin ad Aldo Moro
Finalpia 29 agosto 1977

Caro Moro,
le condizioni politiche dopo l’intesa di programma con i comunisti e gli altri partiti non sono le migliori per raggiungere e stabilizzare un equilibrio democratico, con un recupero della forza e del prestigio dello Stato e delle capacità di sviluppo economico e con l’indispensabile ripresa, pur limitata, della Democrazia cristiana nell’elettorato urbano e delle classi lavoratrici.
L’intesa indica obbiettivi in alcuni casi confortanti, in altri ambigui, contando di andare al di là del generico nel discorrere dei mezzi per raggiungerli. È una vecchia tecnica, ormai lisa e screditata, che, questa volta, può avere un’aggravante: di essere la forma corrispondente all’esigenza “di governo e di lotta” del partito comunista.
Poca attenzione è stata posta alla disgregazione in atto dell’apparato amministrativo statale, schiacciato tra il livellamento al basso delle istituzioni, la fuga delle capacità presenti e future e il rifiuto sistematico all’adeguamento a nuovi compiti. La disarticolazione, anzi, è stata facilitata dalla superficialità con la quale il testo dell’intesa risolve i problemi della 382 e dell’assoluta mancanza di equilibrio che ha caratterizzato la stesura del decreto delegato. Occorrerebbero classi di governo di alto livello, tanto al centro quanto nelle regioni, per cavar fuori da quel che si è scritto un buono Stato regionalista condotto da un forte governo nazionale.
Rimane, però, l’essenziale, il nocciolo politico della questione. Il confronto tra le forze di tradizione democratica, per ora, possiamo dire, tra la Democrazia cristiana, e il Partito comunista ha bisogno di una ancor mancante capacità creativa e dell’iniziativa della Dc per svolgersi con sufficiente garanzia della permanenza di un regime di libere istituzioni; ed ha bisogno di tempi lunghi se deve verificare non già la facile predicazione liberale dei comunisti italiani, ma sostanziali differenze del PCI dal “socialismo concreto”, storicamente realizzato.
L’effetto dell’intesa è invece di accelerazione del processo, con risultati di caduta della Dc a livello subalterno, se non ci sarà una rettifica di notevole intensità, nella maggior parte delle sedi locali e regionali.
Perciò è necessario il congresso nazionale alla scadenza statutaria della primavera 1978.
In questa prospettiva – anche se fosse discutibile la data del congresso – è di notevole interesse stabilire per tempo, attraverso un processo interno che non è ritardabile nell’avviamento, omogeneità nella linea e negli impegni. Ed occorre dar luce a quel che l’intesa di programma non ha illuminato: come la politica internazionale; perché non si determini la convinzione che essa non conta nulla “in una fase di transizione”.
Posso capire che tu ti trinceri dietro altri inviti, ma quello di Saint Vincent va molto al di là dell’ambito locale e copre tutta l’area di quella che è stata la maggioranza al congresso del 1976. Abbiamo rinunciato a conclusioni di corrente, gli abbiamo conferito un carattere problematico e aperto pensando che tu potessi chiuderlo sugli indirizzi di politica internazionale, con quelle aggiunte che avresti ritenuto opportune.
Non avertene per la mia insistenza nell’invito per l’11 settembre a Saint Vincent. Ma la mia opinione, nella opacità della situazione alla quale mancherebbe la speranza e l’avvio di un chiarimento, è che la condizione di partito si farebbe più dura. Se anche mancasse il fondamentale fattore di equilibrio e di guida da te sicuramente rappresentato, dovremmo ugualmente assumere – alla ripresa di settembre – decisioni d’indirizzo, perché nessuno ha il diritto di sottrarsi, piccole o grandi , alle sue responsabilità.
Con la speranza di una risposta modificata e di vederti ancora a Roma all’inizio della prossima settimana, ti saluto con cordialità ed amicizia.

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Aldo Moro: 45 anni dopo

9 maggio 1978 – 9 maggio 2023

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